RESILIENZA GAY

Ci sono giorni in cui si ha l’impressione che tutta la struttura sulla quale si è costruita una vita non sia solo fragilissima ma addirittura inesistente e che il cervello abbia immaginato cose che in realtà non esistono, che abbia interpretato i fatti, quei pochi che c’erano, seguendo proiezioni del tutto irrealistiche. Sono i momenti nei quali si vede crollare un mondo che era solo un’immagine effimera, effetto di un autoinganno, si prende atto del non senso delle proprie scelte di fondo, della nullità degli sforzi, della illusorietà dei propositi e ci si sente svuotati dall’interno. È il momento in cui, preso atto di un fallimento si devono raccogliere i cocci e si deve cominciare a guardare oltre, mettendo da parte la fantasia e prendendo consapevolezza della propria sostanziale solitudine. L’amarezza è forte, provoca proprio reazioni fisiche, ci si sente più che fragili del tutto inutili, ci si chiede che ci si sta a fare in questo mondo e ovviamente a questa domanda non c’è risposta. Bisogna rifondarsi senza sogni e senza proiezioni, ma anche senza ideali, bisogna organizzare il proprio ritiro nel privato, la propria chiusura nel privato, in un privato individuale, bisogna costruire la propria solitudine, centrare la vita sull’ideale della sopravvivenza isolata, finché durerà. Arrivi a un certo punto e dici a te stesso: “Ma come è stato possibile?” Ma una domanda del genere è retrospettiva e quindi inutile. Che ci sarà dopo? Anche questa domanda è inutile perché non c’è risposta. Non lo so. Il presente diventa uno spreco del tempo, un disimpegno, mi chiedo se c’è altro da fare “senza illudermi” e qui i pensieri neri cominciano a diradarsi: “sì, c’è altro da fare, evitando di chiudersi in sé, è rischioso, ma seguendo la propria strada senza mitizzare è forse ancora possibile. Non sono ancora all’ultima pagina del libro.” Recuperare la propria forza, o quello che ce n’è rimasto, e proseguire la strada. In fondo la vita è costellata di fallimenti. L’ultimo sembra il più terribile e potrebbe anche esserlo, ma in fondo è l’ennesima presa d’atto di una fragilità alla quale non c’è rimedio. Forza e coraggio, la navigazione deve andare avanti, qualcosa potrà comunque avere senso. La parola d’ordine è ricominciare coi piedi per terra.